L’assegno di mantenimento.

assegno di mantenimento

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Assegno di mantenimento figli

In costanza di matrimonio esiste tra i coniugi il dovere di contribuire alle esigenze della famiglia, come espressione del dovere di assistenza morale e materiale a carico di marito e moglie, dovere sancito dall’art.143 del codice civile.

Con la separazione personale (consensuale o giudiziale) il matrimonio non si scioglie – per cui lo status di coniuge permane – , ma vengono meno l’obbligo di convivenza, di fedeltà e di assistenza morale.

Per quanto riguarda invece il dovere di assistenza materiale, che si traduce nella corresponsione di un assegno di mantenimento, esso permane nei confronti dei figli minorenni (e maggiorenni, si vedrà poi in quali casi), mentre ricorre in favore di uno dei due coniugi solo a determinate condizioni.

L’assegno di mantenimento al coniuge in caso di separazione personale.

La condizione essenziale per ottenere un assegno di mantenimento è non avere redditi sufficienti per il proprio sostentamento.

In tale ipotesi, il coniuge cui non è addebitata la separazione, e che ne faccia richiesta, ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento.

La Corte di Cassazione, con una recente decisione (ordinanza n. 26084 del 2019), ha confermato che il requisito del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non rileva più per il riconoscimento e la quantificazione dell’assegno di separazione.

Sono infatti previsti nuovi parametri standardizzati che si fondano:

  • Sulla durata del matrimonio,
  • L’età del destinatario dell’assegno di mantenimento,
  • Le sue condizioni di salute,
  • La ridotta capacità di reddito.

Come si calcola l’assegno di mantenimento?

La valutazione delle condizioni economiche del coniuge obbligato a corrispondere l’assegno di mantenimento deve essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo, poiché in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto ed ad esso rapporta ogni possibilità di spesa.

A tal proposito, anche l’assegnazione della casa familiare incide sensibilmente sulla quantificazione dell’assegno, oltre che sulla disponibilità economica del coniuge che la cede (solitamente il marito) che, presumibilmente, dovrà affittare un appartamento o accendere un mutuo per acquistarne uno nuovo.

Per cui, quando il Giudice determina il valore dell’assegno di mantenimento, deve prendere in considerazione l’intera entità del patrimonio dei coniugi, perché le fonti di reddito non derivano solamente da introiti in denaro, ma anche dai beni soggetti a reale valore economico, compresa l’assegnazione e l’utilizzo della casa coniugale.

È evidente che godere della casa coniugale rappresenta un risparmio concreto sulla spesa che dovrebbe essere sostenuta per abitare una casa con un contratto di locazione.

Qualora emerga che il coniuge obbligato a versare l’assegno periodico di mantenimento non sia economicamente in grado di pagarlo, il Giudice potrà assegnare la casa coniugale al coniuge destinatario del mantenimento in sua totale o parziale copertura.

Assegno di mantenimento separazione consensuale.

Quando la separazione è consensuale, i coniugi si mettono d’accordo su tutte le condizioni della separazione, compreso l’ammontare dell’assegno di mantenimento.

Diversamente, nel caso di una separazione giudiziale, sarà compito del Giudice stabilire innanzitutto se il coniuge richiedente abbia diritto all’assegno e se sì, in quale misura.

L’assegno divorzile.

Come abbiamo già visto nell’articolo sull’assegno divorzile, anche per l’accoglimento di una tale richiesta la Corte di Cassazione ritiene ormai superato il criterio del tenore di vita, per cui si deve considerare esclusivamente il parametro dell’indipendenza economica del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente ed è effettivamente in grado di esserlo non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.

Utilizzare il parametro del “tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio” per individuare se il richiedente abbia diritto all’assegno, stride infatti con la natura stessa del divorzio e con i suoi effetti giuridici: con la sentenza di divorzio, infatti, il rapporto matrimoniale si estingue non solo sul piano personale, ma anche economico-patrimoniale.

In sostanza, niente assegno quando l’ex coniuge ha la possibilità concreta di raggiungere «l’autosufficienza economica».

La convivenza dopo la separazione o il divorzio: effetti sull’assegno di mantenimento o divorzile.

L’instaurazione di una convivenza stabile da parte di chi percepisce un assegno di mantenimento o un assegno divorzile determina la perdita di tale contributo economico.

Con una convivenza non occasionale, infatti, viene a crearsi tra i conviventi una nuova famiglia che, benché di fatto, comporta comunque l’insorgenza dell’obbligo di assistenza morale e materiale reciproca.

È evidente quindi che al mantenimento non debba più contribuire l’ex ma il nuovo convivente.

Diversamente si tratterebbe di un’ipotesi di ingiustificato arricchimento.

Il coniuge obbligato a versare il contributo al mantenimento non può però smettere di pagare se non dopo aver ottenuto in Tribunale una pronuncia di revisione degli accordi di separazione o divorzio.

Tali accordi infatti possono essere modificati solo dal Giudice.

Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza n. 406/2019) ha nuovamente ribadito il principio secondo cui l’instaurazione da parte del coniuge (nel caso di specie, divorziato) di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto resta definitivamente escluso.

Assegno mantenimento figli minori.

Mantenere i figli minori è un dovere (oltre che morale) sancito dalla legge e nessun genitore può sottrarsi a tale obbligo, che deriva dal fatto stesso della nascita.

Diversamente dall’assegno dovuto ad un coniuge quindi, l’assegno di mantenimento in favore dei figli ha come scopo quello di tutelare l’interesse superiore della crescita dei figli.

Fino a quando i genitori stanno insieme, il dovere di mantenimento dei figli grava su entrambi in proporzione alle rispettive capacità economiche.

Se i genitori si separano o divorziano o, nel caso di convivenza, non abitano più insieme, si hanno due opzioni:

  • trovare tra loro un accordo sull’assegno di mantenimento per i figli;
  • in mancanza di accordo, sarà compito del Giudice stabilire la misura dell’assegno di mantenimento per i figli, in relazione unicamente all’interesse degli stessi e garantendo loro lo stesso tenore di vita che avevano sino a quando il padre e la madre stavano insieme.

Assegno mantenimento figli.

L’importo deve essere parametrato sia alle capacità economiche dei due genitori sia ai bisogni concreti dei figli.

L’assegno mensile, che il genitore (solitamente il padre) deve corrispondere a quello convivente con i figli, rappresenta un contributo alle spese ordinarie che il genitore con cui i figli vivono sostiene quotidianamente.

Le spese per i figli, infatti, si distinguono in ordinarie e straordinarie.

Assegno di mantenimento dei figli spese ordinarie.

Di norma si definiscono ordinarie le spese destinate a soddisfare i bisogni e le normali esigenze di vita dei figli e straordinarie quelle spese necessarie ad affrontare eventi imprevedibili o eccezionali e a esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli.

Generalmente è possibile reperire presso i vari Tribunali dei protocolli che identificano in maniera dettagliata queste tipologie di spese.

Assegno di mantenimento dei figli spese straordinarie.

Le spese straordinarie, a loro volta, vengono suddivise in spese che un genitore può effettuare senza il preventivo accordo con l’altro genitore ed in spese per le quali è necessario ottenere il consenso dell’altro.

Per esempio, sul punto le linee guida del Tribunale di Monza prevedono, “salvo specificità del caso concreto o diverso accordo delle parti”, che la baby sitter, la frequenza del c.d. tempo prolungato, del c.d. prescuola e doposcuola siano una spesa ordinaria (come tale ricompresa nell’assegno di mantenimento), le gite scolastiche senza pernottamento siano una spesa straordinaria che non necessita del preventivo accordo, mentre quelle con pernottamento debbano essere concordate tra i genitori.

Si tratta di indicazioni, molto simili tra di loro, che i vari Tribunali hanno stilato come punto di riferimento per i Giudici in caso di disaccordo tra i genitori o, comunque, come punto di partenza per i genitori per addivenire ad un accordo.

Linee guida condivise concernenti le spese per i figli Tribunale di Monza.

Linee guida condivise concernenti le spese per i figli Tribunale di Roma.

È bene sapere che i genitori possono accordarsi sulle spese straordinarie anche in maniera diversa, per esempio stabilendo che la percentuale di spesa a carico di ciascun genitore non sia al 50% (che è generalmente la suddivisione standard) oppure prevedendo che certe spese siano a carico di un genitore invece che dell’altro.

Tuttavia vi è un limite.

Proprio perché non prevedibili, le spese straordinarie non possono essere ricomprese nell’assegno mensile di mantenimento.

Le spese straordinarie non possono mai ritenersi incluse in modo forfettario nella somma da corrispondersi con l’assegno periodico e/o come mantenimento diretto, perché si correrebbe il rischio di arrecare danno al minore, essendo ciò in aperto contrasto con il principio di proporzionalità di cui all’art.155 del codice civile e con quello dell’adeguatezza del mantenimento.

Assegni di mantenimento, mancato versamento.

Il mancato versamento dell’assegno può far scattare il reato previsto dall’art. 570 bis del codice penale, che punisce il genitore con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.

Solitamente il procedimento penale scatta su denuncia dell’altro genitore (solitamente la ex moglie), ma è bene sapere che si tratta di un reato perseguibile d’ufficio.

Questo significa che se anche la ex moglie ritira la denuncia, il procedimento prosegue su istanza del Pubblico Ministero.

Attenzione quindi alla denuncia facile, perché le conseguenze potrebbero comunque condurre ad una condanna dell’altro genitore.

Meglio provare a trovare un accordo tra le parti.

Se il genitore si trova nell’impossibilità assoluta e incolpevole di somministrare questi mezzi, il reato è escluso.

Lo stato di disoccupazione non è sufficiente se non si dà prova di avere cercato altri posti di lavoro e di non esserci riuscito non per causa propria.

Va detto che molti genitori, venutisi a trovare in difficoltà economica, smettono semplicemente di pagare tutta o parte della rata. Non esiste azione più sbagliata, perché le conseguenze negative – come abbiamo visto anche di natura penale – saranno notevoli.

Laddove sopravvengano giustificati motivi quindi, il genitore obbligato non potrà sospendere o ridurre in automatico il mantenimento, ma dovrà ricorrere al Giudice per chiedere la revoca o modifica dei provvedimenti relativi al mantenimento.

In alternativa al versamento dell’assegno di mantenimento ordinario vi è anche il mantenimento diretto, una forma di assistenza economica che ancora non ha preso molto piede in Italia.

In questo caso ciascun genitore contribuisce direttamente alle esigenze quotidiane del figlio, quando vive con quest’ultimo.

Nessun genitore, quindi, dovrà versare un assegno di mantenimento.

Restano escluse le spese straordinarie, che continuano ad essere suddivise tra i genitori, solitamente al 50% ciascuno.

L’assegno di mantenimento in favore dei figli maggiorenni.

Il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto da parte dei genitori non viene meno con il compimento della maggiore età, ma cessa solo con il raggiungimento dell’indipendenza economica.

Pertanto, l’obbligo dei genitori di contribuire al mantenimento del figlio si protrae oltre la maggiore età, fino a quando egli non sia in grado di occuparsi autonomamente del proprio sostentamento grazie ad un lavoro adeguato.

Se il figlio perde il lavoro stabile con il quale aveva raggiunto la propria autonomia, il genitore non è nuovamente obbligato al mantenimento.

Tuttavia, bisogna dire che il mantenimento a carico dei genitori non può protrarsi all’infinito.

Innanzitutto, in linea con le statistiche ufficiali nazionali ed europee, l’obbligo dei genitori non può protrarsi oltre la soglia dei 34 anni del figlio.

E comunque, anche fino a tale età, per avere diritto al mantenimento occorre dimostrare che il mancato reperimento di un lavoro stabile sia incolpevole.

Se per esempio il figlio maggiorenne ha intrapreso un percorso di studi con profitto oppure svolge un’attività lavorativa precaria che non gli consenta di pagare un affitto o di essere comunque economicamente indipendente.

Quando invece il figlio dimostra svogliatezza e poco impegno nello studio o nella ricerca di una occupazione lavorativa, è possibile per il genitore ottenere la sospensione del versamento dell’assegno.

Il genitore obbligato non può però decidere autonomamente di interrompere i pagamenti, ma deve rivolgersi ovviamente al Tribunale.

Il Giudice verificherà quali siano le reali intenzioni del figlio maggiorenne nella ricerca di un lavoro al termine del suo percorso scolastico.

Se venisse accertata una ingiustificata inoperosità, il Tribunale può revocare il diritto al ricevimento dell’assegno mensile.

Divenuto maggiorenne, il figlio può chiedere che l’assegno venga pagato direttamente a lui.

In assenza di questa richiesta, la somma dovrà essere versata sempre al genitore convivente, che di solito è la madre.

In caso di separazione dei coniugi, a chi spettano gli assegni familiari?

Gli assegni familiari sono un contributo economico statale per le famiglie con un reddito inferiore ad una certa soglia e vengono erogati per ogni familiare a carico del lavoratore.

In caso di separazione, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli assegni familiari per i figli spettano al genitore con essi convivente, anche se siano percepiti in forza del rapporto di lavoro dell’altro coniuge.

Quindi, se gli assegni sono percepiti direttamente dal coniuge collocatario dei figli, il giudice potrà detrarre tale somma dal mantenimento versato dall’altro coniuge.

Se invece gli assegni dipendono dal rapporto di lavoro del genitore obbligato al mantenimento, quest’ultimo dovrà corrisponderli al genitore convivente con i figli,  in aggiunta all’assegno di mantenimento e a prescindere dal suo importo.

In ogni caso nulla vieta che i coniugi possano prevedere intese diverse in sede di separazione consensuale, stabilendo, per esempio, che la somma che uno dei due deve versare all’altro a titolo di mantenimento dei figli comprenda anche gli assegni familiari. In mancanza però di un accordo tra i coniugi o di una decisione in tal senso del Giudice, il genitore non convivente non potrà arbitrariamente scomputare dall’assegno di mantenimento l’importo versato al genitore convivente a titolo di assegni familiari per i figli.

Occorre comunque tenere presente che quella del diritto di famiglia è una materia nella quale è possibile trovare soluzioni personalizzate e adatte al caso concreto, sempre che le parti siano d’accordo e sempre nel rispetto della legge.

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Commenti recenti

2 risposte

  1. Buonasera
    riguardo “al reddito netto” per la determinazione dell’assegno di mantenimento Cass. Civ. IV sez. civ. 31.05.2018 n.13954
    il Giudice non ne ha proprio tenuto conto ed ha considerato tutto il patrimonio mobiliare dell’obbligato consistente in un mini appartamento un appartamento e un fondo commerciale oltre la propria casa di abitazione 200mila in banca. Lo stesso disoccupato da 10 anni vive con i proventi delle locazioni per circa 2000 euro mensili. e mantiene un altro figlio di un precedente matrimoniuo corrispondendo 6oo euro mensili
    E’ stato fissato un contributo per il mantenimento di moglie e figlio di euro 2000 mensili con un matrimonio di soli 4 anni.Tutto il reddito viene trasferito in capo alla moglie che tra le altre ha avuto in donazione la casa di abitazione dove abita con il minore
    Non trovo altre sentenze a sostegno circa la determinazione del contributo tenendo conto del reddito netto

    1. C’è una Cassazione successiva, precisamente la n. 23482 del 27.10.2020 sez. VI, che ribadisce il principio di determinazione dell’assegno di mantenimento parametrandolo sul reddito netto e richiamando la Cassazione del 2018 da Lei riportata.
      Nel caso specifico da Lei citato, in base alle informazioni fornite, non avendo noi contezza degli atti di causa e delle motivazioni della sentenza emessa dal Giudice, l’unica cosa che possiamo suggerire è di fare appello qualora non lo avesse già proposto.

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