Impugnazione delibera condominiale
Le deliberazioni dell’assemblea, se correttamente e legalmente adottate, per il principio maggioritario vincolano immediatamente tutti i condomini.
Tuttavia è ben possibile che una delibera sia invalida, vuoi perché non tutti i condomini sono stati preventivamente convocati, vuoi perché si è deliberato nonostante mancassero i quorum previsti, o per eccesso di potere, o per vari altri mille motivi.
In tal caso, salvo che l’assemblea non deliberi nuovamente, revocando, modificando o confermando la precedente delibera in modo da sanarne eventuali vizi, potrebbe spettare all’autorità giudiziaria pronunciarsi circa la validità o meno della delibera.
Impugnativa della delibera condominiale
La legittimazione ad impugnare una delibera spetta all’assente, astenuto e dissenziente, sebbene qualche voce isolata, in dottrina e giurisprudenza, ritenga che l’astenuto non possa impugnare.
Per impugnare una delibera, è necessario un atto giudiziario (atto di citazione) che deve essere notificato all’amministratore; bisogna quindi farsi assistere da un avvocato.
È bene precisare subito che l’impugnazione non sospende l’esecutività della delibera.
La legge prevede infatti che le delibere impugnate debbano essere eseguite, in quanto l’impugnazione non ne sospende l’efficacia finché l’autorità giudiziaria non lo disponga espressamente.
Tuttavia, nel caso in cui vi siano vizi facilmente riconoscibili che possano inficiarne la validità, ricevuta l’impugnazione della delibera l’amministratore può convocare apposita assemblea straordinaria con all’ordine del giorno, ad esempio, “impugnazione delibera…;provvedimenti da adottare; revoca o resistenza”.
Qualunque delibera può infatti essere revocata con la stessa maggioranza che l’ha approvata.
Con la revoca della delibera cade la causa dell’impugnazione e quindi il relativo giudizio non prosegue. Potrebbero eventualmente rimanere da corrispondere solo le spese legali sostenute dal condomino che ha impugnato.
Delibere nulle e annullabili, Articolo 1137 del codice civile
L’art. 1137 c.c. si apre affermando che “Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini”.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino che era assente all’assemblea, oppure era presente ma ha votato contro oppure si è astenuto può adire l’autorità giudiziaria per chiederne l’annullamento.
L’annullabilità in ambito condominiale può essere eccepita entro il termine perentorio (decisamente esiguo) di 30 giorni che “decorrono dalla data della deliberazione per i dissenzienti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.”
Bisogna rilevare che spesso gli amministratori inviano ai condomini il verbale di assemblea a ridosso della scadenza dei trenta giorni, forse per disincentivare le impugnazioni, rendendo così difficile, se non addirittura impossibile, impugnare anche per chi era presente in assemblea.
Redigere infatti un atto di impugnazione senza avere in mano il verbale di assemblea, e senza quindi sapere esattamente cosa è stato verbalizzato dall’amministratore, è molto difficile.
Il concetto di nullità di una delibera, invece, è di derivazione giurisprudenziale e si può affermare che l’orientamento ormai unanime è quello della famosissima Cass. Civ., Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4806, per la quale: “In tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.
Ne consegue che la mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale comporta, non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, la quale, ove non impugnata nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c., (decorrente, per i condomini assenti, dalla comunicazione, e, per i condomini dissenzienti, dalla sua approvazione), è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio”.
Ricapitolando, quindi, una delibera è nulla quando:
- è priva degli elementi essenziali
- ha oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume)
- ha un oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea
- incide sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini
- è comunque invalida in relazione all’oggetto
Mentre l’annullabilità viene dichiarata quando
- la delibera riporti vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea
- sia stata adottata con una maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale
- è affetta da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, o da irregolarità nel procedimento di convocazione
Dire che un vizio è causa di nullità, e non di annullamento della delibera, comporta conseguenze gravissime, infatti: 1) l’annullamento è un vizio meno grave, e l’impugnazione va fatta entro 30 giorni, mentre la nullità
non è soggetta a termini; 2) quando si tratta di nullità, tutti possono impugnare, cioè anche chi aveva votato a favore, mentre per l’annullamento possono agire, come già detto, solo i presenti dissenzienti o astenuti, e gli assenti.
Premesso questo, ogni situazione particolare va attentamente esaminata da un legale perché, pur con tale semplificazione, la differenza fra delibere nulle e annullabili non è sempre agevole, anche per la particolare natura di questa fattispecie. È pertanto consigliabile impugnare una delibera rispettando il termine prescritto, soprattutto in caso di dubbio se si tratti di una delibera nulla o annullabile.
La legittimazione e l’interesse ad agire
Per poter proporre l’azione di impugnazione di una delibera assembleare è necessario che ricorrano in capo al soggetto che impugna due essenziali presupposti: la legittimazione e l’interesse ad agire.
Per quanto riguarda la legittimazione attiva, la norma di riferimento è l’art. 1137 del codice, che attribuisce il potere di impugnare le deliberazioni assembleari soltanto ai condomini dissenzienti o assenti (o astenuti).
Questo, almeno, per quanto riguarda le deliberazioni annullabili, visto che per l’ipotesi di nullità la giurisprudenza ammette la possibilità che chiunque possa presentare ricorso in tribunale, anche il condomino che abbia votato per l’adozione della deliberazione impugnata.
La legittimazione attiva spetta di regola solo ai condomini, ovvero ai proprietari delle porzioni immobiliari in condominio.
In caso di conferimento della delega da parte di un condomino ad un terzo (condomino esso stesso o estraneo al condominio) per la partecipazione ad una riunione assembleare, il delegante potrà impugnare la deliberazione soltanto ove il delegato abbia votato contro l’approvazione della stessa o si sia astenuto dalla votazione.
Potrà comunque (ma non accade quasi mai) essere lo stesso mandatario (quindi il delegato) ad impugnare giudizialmente la delibera ove gli sia stato attribuito detto potere dal mandante nei modi previsti dall’articolo 77 c.p.c.
Nel caso in cui invece il delegato abbia ricevuto espressamente (per iscritto) istruzioni sul voto da esprimere e quest’ultimo non si sia attenuto a quanto indicato, il delegante potrebbe agire nei confronti del delegato per rivalersi su di lui.
Si pensi ad esempio all’approvazione del Superbonus: se il delegante, interessato all’agevolazione fiscale, ha dato delega per il sì e il delegato, invece, esprimendo voto negativo, ha fatto in modo che la delibera non passi, il delegante potrà agire solo nei suoi confronti per la perdita dell’agevolazione fiscale, in assenza di motivi di nullità/annullabilità per impugnare.
Allo stesso modo, se il delegante dia istruzioni per esprimere voto negativo e il delegato invece voti sì, e il suo voto abbia fatto la differenza sull’approvazione della delibera, il delegante potrà agire solo nei suoi confronti per tutte le spese che eventualmente sarà chiamato a sostenere.
Nell’ipotesi di comproprietà della medesima unità immobiliare compresa nel condominio, se anche il voto in assemblea è di una sola testa, poi la legittimazione attiva ad impugnare spetta a ciascuno dei comproprietari.
Anche per quanto riguarda i conduttori si ritiene che l’attribuzione del diritto di voto in assemblea nelle materie di cui all’articolo 10 della legge n. 392/78 (Equo Canone) valga a conferire implicitamente agli stessi il potere di impugnare le relative deliberazioni assembleari.
Infine, nel caso in cui venga impugnata una deliberazione assembleare o sia presentata qualche altra domanda giudiziale nei confronti del Condominio, la legittimazione passiva a stare in giudizio, in nome e per conto di quest’ultimo, spetta ovviamente all’amministratore.
Qualora, invece, la domanda riguardi interessi prettamente individuali dei singoli condomini, l’azione dovrà essere proposta direttamente contro questi ultimi, che avranno l’onere di costituirsi in giudizio.
Modalità dell’impugnazione delle delibere assembleari
Per l’impugnazione di una delibera assembleare è necessario procedere con la notifica all’amministratore di Condominio di un atto di citazione. Dal 2010, anno di entrata in vigore del D.lgs. 28/2010, il giudizio deve essere preceduto dal tentativo di mediazione trattandosi, quella condominiale, di materia in cui la mediazione è obbligatoria.
Abbiamo già detto che il termine fissato per l’impugnazione è di 30 giorni dall’assemblea, per chi era presente, o dal ricevimento del verbale per gli assenti.
Il soggetto al quale notificare l’atto introduttivo del giudizio è l’amministratore o, nel caso in cui si tratti di un piccolo condominio privo di amministratore, tutti i condomini.
L’atto dovrà essere indirizzato al domicilio dell’amministratore e non presso il condominio (che non assume la qualità della persona giuridica), a meno che il primo svolga l’attività nell’ambito del medesimo edificio condominiale.
La Suprema Corte ha affermato infatti che: “In tema di condominio, l’approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle stesse, nonché l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, rientrano tra le attribuzioni dell’assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate tempestivamente, con riguardo a pretese e vizi che riguardino l’annullabilità, sono obbligatori per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell’art. 1137 c.c. – alla quale non può essere equiparata una contestazione – sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto in base alla ripartizione approvata”.
Come già accennato, l’impugnazione non sospende automaticamente l’esecutività della delibera.
La sospensione della sua efficacia esecutiva può essere stabilita solo dal Giudice al quale è stato assegnato il giudizio di impugnazione.
Ben potrebbe quindi l’amministratore decidere di procedere, nonostante l’impugnazione di una delibera di approvazione del consuntivo, con un decreto ingiuntivo nei confronti del condomino che ha impugnato, al fine di recuperare, forzosamente, le spese condominiali arretrate.