Ripartizione spese di riscaldamento.

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Ripartizione spese di riscaldamento.

La ripartizione delle spese di riscaldamento e, quindi, i criteri da applicare per la loro suddivisione tra i condòmini, sono spesso motivo di discussione all’interno di un Condominio.

A seguito del Decreto Legislativo n. 73 del 14 luglio 2020 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2002 che modifica la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica”, in vigore dal 29 luglio 2020, sono state introdotte modifiche e novità riguardanti la ripartizione delle spese energetiche degli edifici condominiali serviti da impianto centralizzato o da teleriscaldamento/teleraffreddamento. 

Sono cambiate, quindi, le regole sui parametri della ripartizione.

La novità più importante del D.lgs. 73/20 riguarda l’eliminazione di ogni riferimento alla norma tecnica UNI 10200, che aveva creato problemi e squilibri alla ripartizione delle spese secondo i millesimi di fabbisogno.

Questi venivano infatti ottenuti con il calcolo tecnico effettuato da un progettista – il che implicava peraltro un costo aggiuntivo per il Condominio – e consistevano nell’individuazione della quantità di energia teoricamente necessaria affinché ogni unità abitativa potesse avere, per tutta la durata della stagione, una temperatura di 20°C.

Il D.lgs. 73/20 ha modificato invece i criteri di ripartizione, stabilendo che le spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento e l’utilizzo domestico di acqua calda vadano ripartite tra i condòmini attribuendo una quota pari ad almeno il 50% ai prelievi volontari, ovvero alla quantità effettiva prelevata da ciascun condomino.

Il consumo insomma.

Il restante 50% degli importi, ovvero quelli involontari, può essere suddiviso in base ai millesimi, ai metri quadri o i metri cubi utili, oppure in base alle potenze installate.

Queste disposizioni sono facoltative nei Condomini o negli edifici polifunzionali nei quali, alla data di entrata in vigore del suddetto decreto legislativo, sia già stata effettuata la relativa suddivisione delle spese.

La norma stabilisce pertanto la quota minima da attribuire al consumo volontario che, abbiamo visto, non può essere inferiore al 50%.

Si può tuttavia decidere di aumentarla con conseguente riduzione della corrispondente quota dei consumi involontari.

Le percentuali dei consumi volontari e involontari non sono però scelte arbitrariamente dall’amministratore, ma occorre convocare un’assemblea straordinaria e votare, sempre nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge e previa redazione di una diagnosi energetica, eseguita sullo stabile da un tecnico autorizzato.

Per deliberare occorre la maggioranza prevista dall’articolo 1136, comma terzo, del Codice civile, vale a dire il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno i 333 millesimi del valore complessivo dell’edificio.

L’impianto centralizzato genera anche dei costi fissi, che includono le spese per la manutenzione della caldaia, la sua pulizia, gli oneri richiesti dalla ditta chiamata per gestire l’impianto e le dispersioni termiche.

Queste spese vengono ripartite tra tutti i condòmini secondo i millesimi di proprietà di ciascuno di essi.

Chi si è distaccato dall’impianto centralizzato non parteciperà alle spese di gestione ordinaria, ma contribuirà solo alle spese straordinarie.

L’impianto può anche necessitare di manutenzione straordinaria, il che può includere: sostituzioni caldaia, bruciatore, rifacimenti e riparazioni, tutte operazioni spesso molto onerose.

Il costo di queste operazioni andrà ripartito tra tutti i condòmini, compreso chi non è più allacciato e la divisione viene calcolata per millesimi.

Inoltre, l’amministratore di condominio, alla fine dell’anno, dovrà calcolare il consumo involontario che verrà ripartito usando le tabelle millesimali.

Questi sono costi che possono variare ogni anno in base all’uso che viene fatto dal singolo appartamento.

Per esempio, se un condòmino decidesse di tenere spento il riscaldamento della sua casa riceverebbe comunque il calore delle tubature dove passa l’acqua calda dell’impianto.

Per questo motivo viene calcolata una parte di consumo anche se in effetti la caldaia non viene utilizzata.

Le altre novità introdotte dal D.lgs. 73/20 riguardano anche la fatturazione e i contatori. 

Per ciò che concerne la fatturazione dei consumi, le informazioni sulla fatturazione o sul consumo effettivo o sulle letture dei contabilizzatori di calore devono essere fornite agli utenti finali almeno una volta al mese.

Le informazioni devono essere chiare e comprensibili; inoltre i clienti, qualora lo preferissero, devono poter ricevere fatture e bollette elettronicamente.

Per quanto riguarda i contatori di fornitura, i sotto-contatori o i sistemi di contabilizzazione del calore installati dopo il 25 ottobre 2020, questi devono essere leggibili da remoto.

L’obiettivo infatti è quello di arrivare entro il 1° gennaio 2027 a poter effettuare la lettura a distanza di tutti i contatori.

Per concludere, la finalità ultima del D.lgs. 73/20 è quella di sensibilizzare ad un consumo energetico “consapevole” e contribuire così all’attuazione del principio europeo che pone l’efficienza energetica al primo posto.

Tematiche, queste, ormai sempre più attuali.

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Commenti recenti

11 risposte

  1. Articolo interessante, mi chiedevo però se l’assemblea di condominio potesse decidere in maniera autonoma la percentuale di ripartizione tra quota involontaria e volontaria (es. 30/70, oppure 25/75), oppure è sempre necessario il calcolo da parte di un tecnico.

    1. Buongiorno Fabrizio,
      l’Assemblea può decidere la quota da attribuire ai consumi involontari ma se vuole approfondire si può fissare una consulenza.

  2. Stabilita dai condomini la percentuale di consumo involontario, come viene ripartita tra i condomini stessi?

  3. Buongiorno, da quanto leggo dal vs interessante articolo credo di interpretare che il condomino distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato concorre alle spese di manutenzione non considerate ordinarie (es. sostituzione di pezzi di caldaia, tubi obsoleti, adeguamenti normativi, etc. ) sulla base dei millesimi di proprietà e non quelli relativi ai consumi. Corretto?

    1. Buongiorno,
      generalmente il criterio di ripartizione è quello dei millesimi di proprietà, salvo il caso in cui nel regolamento venga stabilito un criterio diverso.
      In ogni caso, se avesse bisogno di ulteriori approfondimenti, può contattare lo studio per una consulenza.
      I migliori saluti

  4. Buongiorno,
    interessante e utile il vostro articolo.
    Riguardo la ripartizione viene riportato che la norma stabilisce che l’involontario al massimo è il 50%. Nel caso in cui dalla diagnosi energetica di tecnico certificato risulti che la parte involontaria, dovuta alla dispersione, sia superiore al 50% l’assemblea è obbligata quindi a deliberare un valore al massimo del 50% come involontario da dividere in millesimi?
    Grazie.

  5. Buongiorno,
    articolo molto interessante ed esaustivo; ma come si suddividono invece i consumi involontari, in un condominio in cui solo alcuni sono allacciati all’impianto condominiale e altri dispongono di un impianto autonomo?
    In pratica nel condominio era stata realizzata una sopraelevazione andando a realizzare un ulteriore piano; realizzando un impianto di riscaldamento unico per gli appartamenti del nuovo piano.
    I tubi dell’impianto passano all’interno del condominio e quindi le dispersioni si propagano anche attraverso i muri delle unità immobiliari dei piani sottostanti.
    Saluti.

  6. Buongiorno, con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 73/2020 sono state introdotte delle novità su come si calcola la quota fissa di riscaldamento e, in generale, sulle modalità di ripartizione delle spese energetiche in ambito condominiale. Attualmente la quota fissa di riscaldamento deve essere, secondo la legge, almeno del 50% e va suddivisa in base ai millesimi predisposti da specifica relazione tecnica (che abbiamo) che tiene conto dell’esposizione e la dispersione di ogni singolo appartamento, ma può questa quota fissa (purtroppo) essere abbassata sino al minimo imposto del 30% a seguito di regolare approvazione dell’assemblea. Chiedo:
    – dato che è una legge dello stato che non è mai stata applicata, posso richiedere il ricalcolo delle spese fisse per tutti questi anni dal 2020 dato che la nostra quota attualmente è fissata al 25%?
    – posso chiedere all’amministratore, a prescindere, l’immediata applicazione della legge imponendo quanto meno il 30% minimo per le spese fisse in attesa di un’eventuale assemblea che ne modifichi al rialzo questi valori entro il limite del 50%?

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