Disturbo della quiete pubblica
Quando si parla dei principali motivi di scontro tra condomini, quello del disturbo della quiete pubblica sotto forma di rumori molesti è sicuramente molto diffuso.
Parlando di reati, una situazione di rumorosità oltre la normale tollerabilità potrebbe configurare il reato di disturbo della quiete pubblica.
Art 659 Codice Penale
L’art. 659, del codice penale, afferma che “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad € 309”.
La giurisprudenza di merito nonché la Corte di Cassazione si sono occupate spesso dell’interpretazione e dell’applicazione dell’art. 659 cp e, quindi, della configurabilità o meno di questo reato.
Innanzitutto occorre evidenziare che il bene protetto dalla norma incriminatrice è individuato nel diritto alla quiete nelle proprie occupazioni ed al riposo di una pluralità ampia e indeterminata di soggetti, e non solo quindi del singolo e ristretto gruppo di persone che si trovino a soggiornare nei pressi del luogo dal quale originano i rumori o le emissioni sonore.
Si tratta di un reato in cui non è necessaria, ai fini dell’integrazione della fattispecie di reato, la concreta lesione del bene protetto dalla norma, ma è tuttavia necessario che la potenziale idoneità del rumore molesto di ledere una indeterminata pluralità di persone, si presenti e sia dimostrata in termini di concreta sussistenza.
Disturbo della quiete pubblica: quando per i rumori c’è reato
Per cui, come si dimostra che un rumore è potenzialmente lesivo di una determinata pluralità di persone?
Oltre a poter essere data attraverso misurazioni strumentali che potranno, per esempio, indicare l’idoneità della fonte sonora a diffondersi in termini di intollerabilità presso un numero imprecisato di soggetti, potrà essere individuata anche attraverso l’analisi di diversi dati fattuali, quali l’ubicazione della fonte sonora, con riferimento in particolare al fatto se la stessa si trovi in un luogo isolato o densamente abitato; l’esistenza o meno di un rilevante rumore di fondo che annulli in misura più o meno significativa l’idoneità a diffondere i suoi effetti; il fatto che si tratti di una emissione costante ovvero ripetuta, a periodi costanti, più o meno brevi, ovvero se sia occasionale e sporadica.
E così, sulla base dell’analisi di questi elementi, sarà compito del Giudice, nell’esaminare il caso specifico, verificare in concreto l’attitudine, anche se solo potenziale, della fonte sonora ad arrecare, oltre la normale tollerabilità, la lesione della quiete e del riposo di un numero indeterminato di persone, restando, invece, nell’ambito dell’illecito civile, l’ipotesi in cui il disturbo della quieta riguardi solo un ridotto e ben individuato numero di soggetti.
Quindi non c’è reato se il rumore da me generato disturba per esempio solo il mio vicino di casa, ma non è di per sé tale da poter invece potenzialmente raggiungere e disturbare l’intero stabile.
Disturbo della quiete pubblica: l’oblazione
Da un punto di vista strettamente procedurale, vorrei solo segnalare che questo reato, trattandosi di contravvenzione (e non di delitto), può essere estinto attraverso l’istituto dell’oblazione.
L’oblazione è un procedimento speciale che consente di ottenere la dichiarazione di estinzione del reato (risparmiandoci così una condanna) a fronte del pagamento di una somma di denaro pari alla metà del massimo dell’ammenda stabilita, versando quindi una somma pari ad € 154,50, oltre alle spese del procedimento.
In questo specifico caso, trattandosi di una contravvenzione per la quale la legge stabilisce sia la pena dell’arresto sia quella dell’ammenda, l’ammissione al procedimento di oblazione è facoltativa, nel senso che non sarà automatica come nei casi delle contravvenzioni per le quali è prevista la sola pena dell’ammenda, ma dovrà essere valutata discrezionalmente dal Giudice, a seconda della gravità del fatto.